Manifesto
La nostra iniziativa nasce dalla presa di coscienza del contesto globale nel quale ci troviamo. La crisi energetica, la crisi climatica, la crisi ambientale, la crisi alimentare, la crisi sociale sono fortemente interconnesse e sono conseguenza del sistema di produzione e consumo propri dell’economia dominante.
Il sistema capitalista, nel quale sono inquadrate la nostra economia e la nostra organizzazione sociale, è fortemente produttivista e si fonda sulla crescita economica continua e illimitata. Con efficienza e ritmi crescenti, permessi dai progressivi avanzamenti scientifico-tecnologici, estrae e trasforma le risorse naturali, producendo beni e servizi al limite di ciò che anche la opulenta società del consumo necessita ed assorbe. Esaurendo le risorse naturali e sfruttando il lavoro umano a ritmi frenetici, genera enormi impatti sugli ecosistemi e accresce le diseguaglianze sociali.
La crescita economica continua necessaria a mantenere in piedi questo sistema è stata sostenuta, nel corso della sua evoluzione, da una enorme disponibilità di combustibili fossili e da una altrettanto generosa disponibilità di materie prime. Tuttavia, le fonti fossili hanno raggiunto o sono al punto di raggiungere il picco di produzione, ovvero il punto da cui la loro produzione comincia a discendere per il progressivo esaurimento delle riserve, mentre la richiesta globale cresce. Questo apre la strada a scenari di scarsità energetica e di incertezza sulla disponibilità e sui costi delle risorse.
Inoltre, la disponibilità di riserve fossili è ulteriormente limitata se si considera che la gran parte di esse non dovrebbe mai essere estratta e bruciata per evitare di immettere ancora anidride carbonica in atmosfera e contenere i cambiamenti climatici. Questi ultimi, per anni sottovalutati tanto dai decisori politici che da gran parte dell’opinione pubblica, stanno manifestando i loro effetti in maniera sempre più evidente, mentre le dichiarazioni della comunità scientifica sulla loro connessione alle attività umana sono chiare, soprattutto per quanto riguarda l’uso dei combustibili fossili.
Oltre alle riserve energetiche, anche la disponibilità di materie prime e materiali, necessari a mantenere i ritmi di produzione e consumo della civiltà industriale, è fortemente compromessa, e già si hanno segnali evidenti di esaurimento delle riserve . Ciò è ancora più preoccupante se si considera che anche le energie rinnovabili e le tecnologie considerate alla base della “green economy”, dipendono dalla limitazione delle materie prime. Le energie rinnovabili sono sicuramente in crescita e molte tecnologie sono in fase di ricerca, ma in un futuro vicino non riescono a produrre la stessa quantità di energia che oggi producono le fonti fossili. Anche se vi riuscissero, poi, la intrinseca crescita economica richiederebbe di aumentare progressivamente il consumo globale, allontanando sempre la possibilità di una economia 100% verde.
Il modello della green economy che oggi viene proposto rischia di fallire proprio perché punta alla mera sostituzione delle fonti fossili con le rinnovabili, senza prevedere una riorganizzazione del modello socio-economico di produzione e consumo, che si adatti alle caratteristiche delle nuove fonti energetiche e ai limiti biofisici del pianeta.
Superare la crisi energetica, climatica ed ecologica è sicuramente una grande sfida scientifica e tecnologica, ma ancor prima è una sfida politica e sociale perché dipende dal modo in cui produciamo e consumiamo l’energia, dall’intero sistema economico, dall’organizzazione sociale e dal nostro rapporto con la natura.
Lo scenario che si affaccia nell’era della scarsità di materie prime e combustibili fossili sembra quindi definito dai limiti biofisici del pianeta, dunque avviato a una decrescita obbligata della sfera materiale e dell’attività economica così come la conosciamo. Tuttavia, in che forma cambieranno l’economia e la società all’interno dei nuovi limiti biofisici non è prevedibile ed è il terreno su cui si scontreranno le forze sociali, politiche ed economiche nel ridisegnare il nuovo mondo.
A uno scenario di scarsità e razionamento, ovvero di austerità imposta, è possibile opporre strategie di decrescita democratica attraverso la costruzione di un nuovo modello socio-economico, in cui la produzione, il lavoro e il consumo siano vincolati al sostentamento della vita, ai bisogni e necessità delle persone. La riduzione della sfera materiale deve essere accompagnata alla redistribuzione della ricchezza e alla lotta alla povertà, alla riconversione di alcuni settori economici, e al potenziamento di altri. Contrapporre il “valore” al “prezzo” è un passo necessario per riconoscere il lavoro umano che sostiene e produce la vita, redistribuirlo sull’interna società, superando la logica patriarcale.
Una nuova visione dovrebbe prevedere la rilocalizzazione dell’economia e dei centri decisionali e mettere in atto una pianificazione della transizione ecologica su scala locale che consideri le specificità dei territori, i problemi e le risorse di essi. Ancora, il monitoraggio e la riduzione dell’impronta ecologica fino a invertire il deficit ecologico di ogni territorio, dovrebbero essere alla base di ogni processo di cambiamento e sviluppo, per garantire la sovranità alimentare ed energetica, preservare i servizi basici come l’educazione, la sanità e l’assistenza, e i beni comuni.
Avviare un processo di educazione e alfabetizzazione ecologica orientato alla sobrietà e alla cooperazione dovrebbe essere prioritario nella costruzione del nuovo orizzonte culturale, ancora prima che socio-economico, promuovendo un nuovo rapporto con la natura e nuovi stili di vita , basati sulla riduzione dei consumi di energia, merci, alimenti, abiti, che possano mantenere e persino migliorare la qualità della vita. Per questo è necessario sperimentare forme di economia solidale e collaborativa, preferendo la proprietà collettiva alla privata di beni che non siano di consumo immediato e personale, e adottando nuovi modelli di uso condiviso di beni e servizi; ripensare il sistema di produzione nell’ottica dell’economia circolare, attraverso una riprogettazione dei prodotti finalizzata alla durevolezza e riparabilità, alla chiusura del loro ciclo di vita.
Attraverso la presa di coscienza della situazione globale, pensiamo che sia possibile articolare forme di azione collettiva che su scala locale riescano a incidere nella direzione di un cambio di rotta, costruendo pratiche e forme di produzione e consumo responsabili, e sistemi sociotecnici innovativi e solidali.
Le aree interne del sud Italia costituiscono luoghi con una storia e una proiezione sociale ed economica, nonché demografica, peculiari. Vittime dello spopolamento lento ma continuo appaiono oggi impoverite di risorse umane ed economiche. La mancata industrializzazione ha sì pregiudicato il destino economico e demografico di questi territori, ma ha anche contribuito a conservare condizioni ambientali discrete e livelli di inquinamento relativamente bassi rispetto a zone ad alta intensità industriale ed abitativa. Ora la desertificazione industriale e demografica di vaste aree del sud Italia e dell’Appennino, tra cui l’Irpinia, rischia di creare le condizioni, come in parte è già, per una nuova colonizzazione da parte dei grandi capitali, finalizzata all’estrazione di risorse energetiche e agricole, destinate ai grandi centri di produzione come le aree industrializzate, e di consumo, ovvero le città e le aree metropolitane ad alta densità abitativa.
Noi pensiamo ad un modello virtuoso in cui le aree interne diventino protagoniste della transizione ecologica, luogo di sperimentazione dal basso di nuove forme di economia, produzione e consumo, mobilità, modi di abitare basati sulla sostenibilità ambientale e sociale, che definiscono un nuovo rapporto con la città basato sulla distribuzione della ricchezza e degli impatti dell’attività economica. Pensiamo che si possa costruire un nuovo rapporto con i luoghi, mantenendo e fortificando il tessuto sociale delle comunità che li abitano.
Ecomunera vuole essere parte di questo percorso per lasciarsi alle spalle la civiltà fossile, iniqua e patriarcale, per entrare collettivamente a piccoli passi in una nuova fase, un’era incentrata sull’ecologia e il bene comune.
Ecomunera si riconosce nei valori dell’antifascismo, della pace e della giustizia sociale. Contrasta ogni forma di discriminazione in base a età, sesso, sessualità, stato di salute, appartenenza etnica, nazionalità, opinioni politiche e credenze religiose. Sostiene l'inclusione sociale e l'accoglienza delle popolazioni vulnerabili, il raggiungimento della parità di genere. Promuove i principi di civile convivenza, trasparenza, fiducia e integrità, rispetto reciproco, la tutela dei diritti e delle libertà delle persone.